E’ una tecnica implantologia introdotta da Scialom, prevede l’utilizzo di aghi impianti nel tessuto osseo.
Gli aghi, dal diametro di 1,2 mm o 1,5 mm, possono essere costituiti di titanio, o di tantalio o acciaio chirurgico. Possono essere infissi nell’osso in maniera divergente o a palizzata.
Caratteristiche della tecnica:
- Trauma chirurgico minimo
- Carico occlusale immediato
- Possibilità di riabilitazione chirurgica in una sola seduta
- L’esiguità del diametro consente di sfruttare sezioni ossee poco spesse
- La diversa gamma di lunghezze degli aghi consente l’impiego a profondità varie, fino alla corticale opposta
- Possibilità di contornare, senza lederle, formazioni anatomiche delicate quali seno mascellare, fosse nasali, canale dentario, foro mentoniero
- Non prevede “consumo” di tessuto osseo
- Si può adoperare anche quando gli altri si fermano
- Nel caso di insuccesso non lascia alcuna lesione ossea
Indicazioni cliniche:
Gli aghi impianti hanno le indicazioni cliniche come tutti gli altri impianti, naturalmente non devono rappresentare la panacea implantologica! Comunque gli aghi per le loro caratteristiche possono rappresentare impianti elettivi in alcune situazioni, quali:
- Pazienti con scarso tessuto osseo
- Soggetti anziani
- Pazienti con altre patologie: diabete, cardiopatia, nefropatia, non idonei ad interventi implantologici invasivi , possono essere trattati con la tecnica degli aghi
- Soggetti con estrema atrofia ossea a livello mandibolare
- Recupero di impianti “in difficoltà”
Tecnica:
Contrariamente ad una prima impressione, non è una tecnica di attuazione facile, richiede una buona manualità chirurgica.
Comunemente, gli aghi vengono infissi nel tessuto osseo per rotazione, cioè con l’ausilio di un micromotore a bassa velocità. Io ho adattato la tecnica secondo la mia manualità, cioè inserisco gli aghi per infissione avvalendomi di un piccolo martello chirurgico pneumatico. Questa modifica mi consente di raggiungere la corticale opposta, anche in caso di osso denso, e di ottenere una stabilità primaria notevole.
Attualità degli impianti ad aghi:
Se la verità è figlia del tempo e non dell’autorità, l’impianto ad ago rappresenta una valida testimonianza, infatti dopo circa 40 anni dal suo ingresso in campo implantologico, svolge un ruolo importante.
E’ vero che sono stati fatti molti passi avanti nella complessa branca della implantologia orale. Sono state ideate nuove tecniche chirurgiche mirate al servizio implantologico fornito dai dentisti. In tempi odierni, dal momento che si dibatte su tecniche, quali rialzo di seno, trapianto omologo di tessuto osseo a prelievo crestale e tibiale, traslazione di nervo mandibolare, ha senso parlare di ago impianto?
Ebbene ritengo che l’ago, proprio per le sue caratteristiche, sia ancora attualissimo! Quindi, prima di definire l’ago come un impianto obsoleto, inviterei ad una certa cautela.
Se è vero che, oggi, ci sono tecniche più recenti ed altrettanto valide, ma non rappresentano che la naturale evoluzione di ciò che i nostri pionieri hanno sperimentato.
Talvolta queste tecniche più recenti, sono piuttosto invasive dal punto di vista chirurgico; ecco che l’ago può rappresentare una valida alternativa.
La tecnica tradizionale della implantologia ad aghi, prevede l’inserimento degli stessi con strumenti rotativi. Ovverosia prima viene eseguita una perforazione preliminare del tessuto osseo con delle frese perforanti.
Quindi con l’ausilio di porta-aghi, gli impianti vengono inseriti nel tessuto osseo, ad una velocità di 40-60 giri/min.
Questa metodica, pur validissima in mani esperte, presenta qualche problema nella esecuzione tecnica, che brevemente cercherò di spiegare:
a) La perforazione preliminare del tessuto osseo, con l’aiuto del drill, indispensabile soprattutto nel tessuto osseo consistente, determina un pur minimo consumo di tessuto osseo, ciò talvolta può pregiudicare la stabilità primaria dell’ago-impianto.
Infatti, ripeto quando l’osso è consistente, bisogna insistere col drill, affinché possiamo ottenere una perforazione preliminare che ci permette di introdurre l’ago con relativa facilità.
Quindi, mentre da un lato la perforazione ci permette di introdurre l’ago con relativa facilità, dall’altro può pregiudicare la stabilità primaria dell’ago. Sappiamo molto bene che quest’ultima rappresenta la "conditio sine qua non" per la buona riuscita di questa metodica.
Per poter saggiare la stabilità primaria di un ago appena infisso, si può far la prova in questa maniera: si prende l’estremità emergente dell’ago con una pinza universale e si prova ad estrarre l’ago, se l’ago non esce o se bisogna applicare una forza notevole per poterlo estrarre, allora siamo in presenza di un ago che ha una buona stabilità primaria. Se l’ago viene estratto con relativa facilità, siamo in presenza di un ago con scarsa stabilità primaria e quindi destinato all’insuccesso.
b) è molto importante che la punta dell’ago si impatti sulla corticale opposta, ciò impedisce l’affossamento dell’ago che potrebbe creare inconvenienti nella stabilità della impalcatura implantoprotesica. A tal proposito, e gli implantologi che hanno esperienza con gli aghi lo sanno molto bene, non sempre riusciamo ad impattare l’ago nella corticale opposta perché l’ago va incontro alla presso-flessione.
c) pur riconoscendo che il titanio è il miglior metallo ad uso implantologico, tuttavia può presentare qualche problematica nell’ago impianto. Poichè il titanio non ha una durezza notevole, l’ago-impianto di titanio può andare incontro con facilità alla presso-flessione.
Ricordo che in origine gli aghi introdotti da Scialom erano in tantalio che ha una durezza simile all’acciaio chirurgico, ed andavano meno incontro alla presso- flessione. A questo punto è indispensabile fare alcune osservazioni di pertinenza metallurgica, che farò in seguito.
d) Con la tecnica tradizionale di inserimento degli aghi, essendo quest’ultimi inseriti per rotazione, difficilmente con la punta riescono a penetrare dentro la corticale opposta, riescono ad appoggiarsi, ma non a penetrarla; possiamo ben immaginare come un ago inserito, anche nella corticale opposta, abbia una stabilità primaria superiore
e) Gli aghi-impianti post-estrattivi non sempre hanno una ottima stabilità primaria, soprattutto nei casi in cui la spongiosa non è ben strutturata. Naturalmente nello stesso sito implantare, se la corticale è formata, allora l’ago godrà di una buona stabilità primaria.
Queste varie osservazioni mi hanno indotto a ipotizzare l’inserimento degli aghi-impianti non per rotazione ma per percussione.
Naturalmente il primo problema che mi si presentava era costituito dalla durezza del metallo che costituisce l’ago.
Per affondare con la percussione un ago-impianto, necessita che lo stesso abbia una eccellente durezza, superiore a quella che presenta il titanio puro. Buona la durezza del titanio grado 5 (t 6al 4v), però l’ago-impianto va incontro a rottura.
Allora un ottimo metallo che offre una eccellente durezza è l’acciaio chirurgico, soprattutto l’acciaio armonico che si presta molto bene alle percussioni ed alle vibrazioni. Parlare di acciaio chirurgico, in tempi attuali, dove tutto deve essere protocollato, codificato, con marchio CE e così via è come mettersi alla gogna con le proprie mani. Però se non facessimo tentativi per scoprire nuovi orizzonti, allora saremmo ancora fermi alla concezione tolemaica dell’universo.
La scelta per le applicazioni biomediche degli acciai inossidabili austenici è basata sulla loro resistenza alla corrosione. Grazie alla buona lavorabilità del materiale ed il suo costo contenuto, questi materiali sono impiegati in ortopedia per la realizzazione di mezzi di sintesi (chiodi, aghi, viti, placche). Le norme ISO prevedono l’uso di tre soli tipi di acciai in applicazioni protesiche, ISO 5831-1 composition D, ISO 5831-1 composition E, ISO 5831-9 (AISI 316).
Ho utilizzato aghi implantari in acciaio con buon successo. I vantaggi di questi ultimi sono determinati dal fatto che presentano una maggiore resistenza meccanica rispetto agli aghi in titanio. Infatti l’ago in acciaio non va incontro alla presso-flessione, può essere inserito a percussione col martello chirurgico, non va incontro a rottura.
Naturalmente in ogni caso clinico ci si può orientare ora verso l’utilizzo degli aghi in titanio, ora verso gli aghi in acciaio, come in tutta la medicina l’esperienza del chirurgo è importante anche nella scelta del materiale.
Anche se l’acciaio è stato abbandonato per quanto riguarda l’utilizzo di impianti dentali, ricordo che Formiggini aveva costruito la sua spirale in acciaio chirurgico già nell’anno 1947, quindi non sto dicendo niente di nuovo sulle buone qualità meccaniche e di biocompatibilità dell’acciaio.
Vantaggi:
Riassumo quanto detto prima, l’ago-impianto in acciaio chirurgico mi offre queste caratteristiche:
a) mi permette di inserirlo con la percussione nel tessuto osseo, anche in quello più denso
b) non va incontro a presso flessione
c) si va impattare dentro la corticale opposta
d) non necessita l’invito col drill ed ha una stabilità primaria superiore ad un ago di pari lunghezza che è stato inserito per rotazione.